“Ciò che viene fatto per noi, ciò che altri hanno deciso senza di noi, in realtà è contro di noi.” Nelson Mandela
Nota di advocacy circa i negoziati tra la Repubblica Democratica del Congo-AFC/M23-Ruanda, alla cortese attenzione di:
Sua Eccellenza il Dott. Mohammed Abdulaziz Saleh Al-Khulaifi, Ministro di Stato per gli Affari Esteri dello Stato del Qatar.
In copia a:
S.E. il Sig. Massad Fares Boulos, Consigliere Speciale per l’Africa del Presidente Trump.
S.E. il Sig. Faure Gnassingbé, Presidente del Togo e Mediatore dell’Unione Africana nel conflitto nell’est della RD Congo.
Copia per conoscenza a: …… (massime autorità di Stati Uniti, Qatar, Unione Africana, RD Congo, Paesi dell’Africa subsahariana e orientale, ONU, UE, SADC, CENCO, FC, M23)
Eccellenza Dr. Mohammed Al-Khulaifi,
Nel rivolgerle questo appello, ci permetta innanzitutto di esprimere la nostra solidarietà al suo popolo in seguito ai bombardamenti che hanno gettato il suo Paese nel lutto il 9 settembre scorso.
Vorremmo inoltre esprimerle il nostro profondo apprezzamento per gli sforzi diplomatici che sta compiendo per risolvere i conflitti in diversi Paesi del mondo, in particolare nella Repubblica Democratica del Congo, il nostro Paese.
Abbiamo accolto con grande favore la Dichiarazione di Principi per il Ritorno della Pace nell’est della RD Congo, firmata il 19 luglio 2025 tra i rappresentanti del Governo della RD Congo e quelli della ribellione AFC-M23, grazie alla sua mediazione.
In seguito alla risoluzione 2773 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 21 febbraio 2025 e all’accordo di pace firmato tra la RD Congo e il Ruanda il 27 giugno scorso a Washington sotto gli auspici degli Stati Uniti d’America, speravamo che la Dichiarazione di principi di Doha avrebbe consolidato le pietre miliari poste sulla strada verso una risoluzione pacifica e duratura di tre decenni di guerre mortali nell’est della RD Congo.
Tuttavia, la bozza preliminare dell’Accordo di Pace Globale, datata 14 agosto scorso, suscita dubbi in noi e preoccupazioni tra molti compatrioti.
Contiene, infatti, clausole leonine che mettono in discussione “il rispetto della sovranità, dell’indipendenza, dell’unità e dell’integrità territoriale della RD Congo“, principi cardine sottolineati sia nel preambolo della suddetta bozza preliminare che nella Risoluzione 2773, nell’Accordo di Washington e nella Dichiarazione dei Principi di Doha.
Siamo estremamente preoccupati e temiamo che un approccio così ingiusto possa compromettere in modo permanente la pace nella regione.
Infatti:
1. Il punto b dell’articolo 6, relativo al “rilascio di documenti d’identità e di viaggio ai residenti della regione colpita, in particolare ai membri delle comunità vulnerabili“, ci sembra parziale. Darebbe luogo a una discriminazione a favore di una regione e di “comunità” ritenute più vulnerabili di altre all’interno dello stesso paese e della stessa nazione. Di fatto, questa disposizione porrebbe queste comunità (non identificate) al di sopra delle altre, calpestando così l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge e l’unità nazionale.
Suggeriamo piuttosto che, dopo la firma dell’Accordo di Pace Globale, venga organizzato un censimento della popolazione congolese in tutta la Repubblica e che, al termine del censimento, venga rilasciata a ciascun cittadino una carta d’identità dall’Ufficio Nazionale per l’Identificazione della Popolazione. Si tratta di un’urgenza.
2. L’articolo 8, relativo alla creazione di una forza speciale ad interim per la “regione colpita“, è profondamente problematico.
Al punto a), stabilisce: “La forza speciale ad interim eserciterà le sue funzioni in conformità con un mandato temporaneo di cinque anni, rinnovabili se necessario“.
Innanzitutto, bisogna riconoscere che questa disposizione viola il punto 4 della Dichiarazione di principi firmata a Doha il 19 luglio tra il Governo congolese e l’AFC/M23, che formalmente afferma: “Le parti convengono che il pieno ripristino dell’autorità statale su tutto il territorio nazionale è un pilastro fondamentale dell’accordo di pace…”.
Pertanto, ci appare pericoloso per l’integrità territoriale della RD Congo affidare il mandato di protezione e difesa del territorio a un’istituzione diversa dalle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC). In conformità con la Costituzione del nostro Paese, la difesa dell’intero territorio, missione sovrana per eccellenza, ricade sotto la sovranità dello Stato (centrale).
Logicamente e giuridicamente, non potrebbe quindi esserci nessun’altra forza in grado di esercitare questo mandato statale, nemmeno a titolo provvisorio. Procedere diversamente significherebbe trasformare la “regione colpita”, ovvero il Nord e il Sud Kivu, in un “condominio“, uno status contrario al Diritto internazionale. Questo approccio sancirebbe la “balcanizzazione” del Paese, che respingiamo categoricamente e con tutte le nostre forze.
Dato che il punto b prevede l’integrazione armoniosa dei membri idonei dell’AFC/M23 nell’esercito congolese, tutti gli altri punti relativi a questa proposta di una “forza speciale” sono, di conseguenza, irrilevanti e obsoleti.
Traendo insegnamento da un passato amaro, ci sembra logico e salutare che tutte le unità provenienti dai gruppi ribelli e integrate nell’esercito congolese siano sullo stesso piano. Di conseguenza, tutti i soldati, indipendentemente dal loro grado, grado e milizia di origine, sarebbero trasferibili ovunque in tutta la Repubblica e senza contestazioni. In effetti, sembra contraddittorio che, da un lato, i membri del movimento AFC/M23 parlino di “liberazione nazionale” e, dall’altro, non vogliano né integrarsi nell’esercito nazionale né essere schierati in tutta l’estensione della Repubblica.
Per concludere con questo articolo 8, nonostante il rischio di incarcerazione o assassinio che corriamo per mano dell’AFC/M23 e del Ruanda, che sono indissolubilmente legati, riferendoci alla nostra “Nota di advocacy” del 21 maggio scorso indirizzata ai loro Eccellenze, Signori Massad Boulos, Consigliere, Speciale del Presidente Trump, e al Presidente del Togo Faure Gnassingbé, mediatore dell’Unione Africana, desideriamo ricordare a tutti i gruppi armati che infieriscono in questa “regione colpita“, perseguitando e massacrando le popolazioni civili, che il Sud Kivu, la nostra provincia legittima, non è una “terra nullis“, una terra che non appartiene a nessuno.
Nonostante l’occupazione da parte di diverse milizie pro o antigovernative, questa terra appartiene ai popoli del Sud Kivu. Ci è stata lasciata in eredità dai nostri antenati. È stata coraggiosamente difesa da diverse generazioni dei nostri antenati contro vari invasori ed espansionisti.
La nostra missione è preservare e perpetuare questa eredità di resistenza e fare in modo che delle decisioni che riguardano il nostro destino non vengano prese senza la nostra partecipazione, senza il nostro consenso e senza tenere conto delle nostre aspirazioni.
Logicamente, la società civile delle “regioni colpite” dovrebbe essere invitata ai colloqui di Doha, che influenzano profondamente il nostro presente e il nostro futuro. Che la comunità internazionale non ripeta gli errori del passato. Impariamo dalle tragedie in Ucraina e Palestina che si stanno svolgendo davanti ai nostri occhi.
È deplorevole constatare che in questa regione, per rivendicare una certa legittimità, anche indebita, si debbano imbracciare le armi contro la Repubblica. La comunità internazionale dovrebbe contribuire a rompere questo paradosso, che fa sì che quando una persona commette un omicidio, va incontro a pesanti sanzioni penali. Tuttavia, quando un gruppo armato o uno Stato commette un massacro di centinaia, o addirittura migliaia di persone, gli viene steso davanti il tappeto rosso invitandolo al tavolo dei negoziati. Questa compiacenza della comunità internazionale nei confronti della criminalità organizzata purtroppo dà carta bianca ai signori della guerra e perpetua il ciclo di violenza nella regione dei Grandi Laghi.
Come ultima cosa, ma non meno importante, l’idea stessa di prendere in considerazione una “forza ad interim” è contraddittoria. Essa compromette lo spirito e la lettera della risoluzione 2773 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 21 febbraio 2025, a cui fa riferimento l’accordo di pace firmato tra la RD Congo e il Ruanda il 27 giugno scorso a Washington, che conferisce legittimità ai negoziati di Doha.
È d’altronde forte di questa coerenza che il mediatore del Qatar aveva insistito per includere il ministro degli Interni ruandese Vincent Biruta e il ministro degli Interni della RDC Jacquemin Shabani nei colloqui di pace tra il Governo congolese e l’AFC/M23.
Si ricorda che la Risoluzione 2773, adottata all’unanimità, stabilisce:
“Agendo ai sensi del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite,
1. Condanna fermamente l’offensiva condotta dall’M23 e la sua avanzata nel Nord-Kivu e nel Sud Kivu con il supporto delle Forze di Difesa Ruandesi, nonché la presa da parte sua della città di Goma, dell’aeroporto e dei principali accessi alla città il 28 gennaio e di Bukavu il 14 febbraio 2025;
2. Decide che l’M23 deve cessare immediatamente le ostilità, ritirarsi da Goma, da Bukavu e da tutte le aree controllate, comprese le vie di comunicazione terrestri e lacustri, e smantellare integralmente le illegittime amministrazioni parallele istituite sul territorio della Repubblica Democratica del Congo, e che tale ritiro non deve essere ostacolato.”
Alla luce di quanto sopra, l’unica “forza provvisoria” logicamente ipotizzabile sarebbe la Missione di Stabilizzazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO), espressamente incaricata a tale scopo dalle risoluzioni ONU 2765 e 2773, nonché dall’Accordo di Pace tra la RDC e il Ruanda del 27 giugno 2025.
Infine, sulla stessa linea degli articoli sopra menzionati, anche l’articolo 11, relativo alla governance provvisoria della “regione colpita“, è inaccettabile. Propone che nel 2027 si tengano elezioni libere, eque e trasparenti nella regione colpita.
Eccellenza,
Ci permetta di sottolineare che il Congo è uno e indivisibile. Si tratta ormai di una permanenza geopolitica che la comunità internazionale dovrebbe integrare nelle sue analisi e nelle sue iniziative. Di conseguenza, non ha senso tenere elezioni solo in questa parte del nostro Paese.
Questa iniziativa potrebbe essere interpretata come un nuovo tentativo di frammentare il nostro Paese. Traendo insegnamento dalla posizione della nostra popolazione sul continuum geopolitico AFDL-RCD-CNDP-M23-AFC, è prevedibile che essa boicotterà tali elezioni.
Eccellenza,
Abbiamo mostrato le incongruenze e i pericoli di alcuni articoli del Progetto Zero dell’Accordo di Pace Globale. Le cicatrici dei massacri dei nostri fratelli e sorelle, in particolare a Makobola, Katogota, Kasika, Mwenga, Burhinyi, Kaziba, Kaniola, Bukavu, Lemera, Uvira, Fizi, ecc., ampiamente documentate nel Rapporto Mapping delle Nazioni Unite pubblicato nel 2010, sono ancora troppo fresche nella nostra memoria per accettare queste proposte.
Tra un mese, il 29 ottobre prossimo, commemoreremo il 24° anniversario dell’assassinio di Monsignor Christophe Munzihirwa da parte dell’esercito ruandese. Questa figura custode della bontà, dell’umanità, della rettitudine, della dignità e della resistenza della nostra provincia e della nazione congolese, incarna la memoria di milioni di persone del nostro popolo che sono state selvaggiamente massacrate negli ultimi trent’anni dal regime ruandese. Non possiamo tradire le loro lotte. Non possiamo tradire la sofferenza del nostro popolo. Non possiamo tradire il Congo. Non possiamo capitolare di fronte all’ingiustizia e all’indicibile.
Eccellenza,
Ci auguriamo che tenga conto del nostro punto di vista e le rinnoviamo la nostra gratitudine per l’impegno del suo Paese nel trovare soluzioni ai conflitti che stanno dilaniando la regione dei Grandi Laghi africani.
Come abbiamo accennato nella nostra “Nota di Advocacy” del 21 maggio scorso, siamo convinti che, dato il suo incommensurabile potenziale, il destino della RD Congo sia inesorabilmente quello di diventare una forza trainante per lo sviluppo e la prosperità condivisa nella regione dei Grandi Laghi africani e oltre.
Questo “destino manifesto” impone a noi congolesi, insieme ai popoli fratelli della regione dei Grandi Laghi africani, di fare un passo indietro e trovare compromessi di pace dall’alto. Fare ciò traendo ispirazione dal genio e dalla saggezza dei Padri Fondatori dell’Unione Europea e dei leader sudafricani della generazione di Nelson Mandela.
Non c’è ombra di dubbio che, come la Cina, umiliata da “trattati ineguali” nel XIX e all’inizio del XX secolo, la RD Congo, colosso dormiente, si risveglierà e svolgerà il ruolo strutturante che le è naturalmente proprio in Africa e nel concerto delle nazioni. Questa non è una dolce utopia. Si avvererà nel corso della nostra vita.
In questa subregione, il nostro destino, come congolesi, è intimamente legato, nel bene e nel male, a quello dei nostri popoli fratelli in Ruanda, Burundi, Uganda e Tanzania, per citare solo i paesi confinanti a est. Questo ci invita a considerare soluzioni di pace e convivenza che vadano oltre i gruppi etnici, i gruppi armati e gli stati predatori. La soluzione è globale e sistemica. Trarrà beneficio dall’integrazione della società civile. Ne va dell’interesse dei nostri rispettivi popoli e delle generazioni future.
Per raggiungere questo obiettivo, ogni attore è chiamato a fare la propria parte. In particolare, il Governo della RD Congo, e Sua Eccellenza il Presidente Felix Tshisekedi in particolare, dovrebbero prendere atto delle proprie responsabilità promuovendo maggiormente misure di distensione politica a livello nazionale e misure di rafforzamento della fiducia concordate nella Dichiarazione di Principi del 19 luglio scorso. Deploriamo che, invece, stia perseguendo politiche incomprensibili che esacerbano le tensioni, alimentano i conflitti e gettano l’intero paese in una crisi esistenziale.
È più che urgente che il Presidente Tshisekedi comprenda la debolezza della sua legittimità elettorale, derivante dalle elezioni del 2018 e del 2023. Per questo motivo, l’organizzazione di un dialogo nazionale che coinvolga tutte le parti interessate, civili e armate (AFC/M23 inclusa), è assolutamente necessaria. Lo esortiamo a non ripetere gli errori di procrastinazione e le tergiversazioni dei regimi di Mobutu e Kabila, che hanno causato enormi sofferenze alle nostre popolazioni. Un progetto per questo dialogo, sotto l’egida delle Chiese cattolica e protestante (CENCO/ECC), è già stato proposto al Presidente della Repubblica.
È più che urgente che il nostro Governo abbandoni le politiche impulsive, ciniche e pericolose di attacchi alle voci critiche, di insensate persecuzioni giudiziarie degli oppositori, di brutalità commesse da milizie strumentalizzate e di una maniera di governare a vista. Queste pratiche distolgono l’attenzione dall’affrontare i veri problemi del nostro popolo, destabilizzano le istituzioni e mettono a repentaglio il futuro. La storia del nostro Paese ci insegna che un simile caos può purtroppo ritorcersi contro chi lo organizza.
Infine, come osservato altrove, la pace è spesso un processo lungo e pieno di insidie. Richiede da tutti noi, cittadini e rappresentanti della popolazione congolese, un alto senso di responsabilità, una visione che eleva, senso civico, patriottismo e umanità. Senza questo impegno, senza questa presa in mano del nostro destino, gli sforzi lodevoli di tutti coloro che in tutto il mondo, in Africa, negli Stati Uniti, in Europa e in Qatar, vogliono aiutarci a superare le nostre sfide, rimarranno limitati.
La nostra missione, come società civile, è contribuire, senza partigianeria, all’avvento della pace e della prosperità per il nostro popolo e per tutti i popoli della regione dei Grandi Laghi africani. Questa è la nostra unica bussola. È la nostra lotta oggi. Sarà la nostra lotta domani, a costo della nostra vita, se necessario.
Fatto a Bukavu il 29/09/2025
Firmano:
Per le decane e i decani della Società civile del Sud-Kivu:
- Barholere Vital,
- Bugeme Ziga,
- Karume Augustin Gang,
- Muhindo Mathilde,
- Mulengezi Jean-Baptiste,
- Ruvunangiza Philippe,
- Wakenge Raphael,
- Yanda Stella,
- Zawadi Adrien
Per l’Ufficio di Coordinazione della Società civile del Sud-Kivu:
10. Nene Bintu Iragi, Présidente.
