Papa Francesco partirà per il Congo il 30 gennaio. Un missionario di Pinerolo che è stato in Kivu per 50 anni, nella zona in cui imperversa dal 1996 la guerra sanguinosa che quasi tutti ignorano o vogliono ignorare, chiede di approfittare della visita del Papa a Kinshasa, la capitale nell’ovest del paese, per tentare di sensibilizzare i giornalisti sulla drammatica situazione dell’Est del Kivu.
Il missionario, Giovanni Piumatti, fidei donum della diocesi di Pinerolo, chiede aiuto ad alcuni amici e proviamo a lanciare un appello ed organizzare la conferenza stampa.
Risultato: la FNSI, Federazione Nazionale della Stampa Italiana, ci offre una sala nella sua sede a Roma, coinvolgiamo qualche amico e ci ritroviamo in una quarantina di enti no profit a inventarci la conferenza. Alla fine, ben 107 enti parte della società civile italiana, firmano il comunicato stampa distribuito oggi, 25 gennaio, alla conferenza stampa.
Don Tonio Dell’Olio, Pro Civitate Christiana di Assisi, dopo i saluti e l’esortazione del presidente della FNSI, spiega che Papa Francesco si fa strumento mediatico per aprire finestre sui conflitti nel mondo e che abbiamo scritto una lettera al Papa esortandolo a fare attenzione alle grandi sofferenze del popolo dell’Est del paese (almeno 6 milioni di morti, la stragrande maggioranza donne e bambini, in quasi 30 anni di guerra).
La guerra in Congo, spiega Pierre Kabeza, attivista congolese, è come un albero, composto da radici, tronco e rami. Le radici, che sostengono l’albero, siamo noi, Europa, America, paesi emergenti, i mandanti di questa guerra, i primi responsabili. Il tronco è costituito dai paesi confinanti con la regione del Kivu ma non solo, i paesi implicati direttamente ed indirettamente nella guerra, fornitori di armi (di origine europea e russa) e, infine, gli esportatori di minerali.
I rami sono i ribelli, un labirinto di un centinaio di gruppi armati che imperversano nella regione, uccidono, stuprano, rubano. La linfa di questo albero sono i minerali, il business che questa guerra economica produce per sostenere tutti gli attori.
Gli attori finali siamo noi, gli acquirenti di auto elettriche, telefonini, computer, sempre più sofisticati, che funzionano grazie ai minerali rubati alla povera gente massacrata dalla guerra.
Kabeza ha, poi, spiegato il Rapporto Mapping, rapporto dell’ONU di 10 anni fa, in cui si denunciano i criminali di guerra ancora impuniti. Il rapporto resta lettera morta in un cassetto senza che si promuovano azioni nei confronti di vittime e carnefici e si chieda giustizia.
Don Giovanni Piumatti ha raccontato della sua esperienza diretta della guerra e richiesto che lo sguardo degli italiani e degli europei verso l’Africa non sia di finta pietà, perché l’Africa chiede rispetto e giustizia. Ha sottolineato come molti guerriglieri vogliano lasciare le armi ma nessuno li aiuti a reintegrarsi nella società civile.
John Mpaliza, attivista congolese, ha illustrato la fatica per arrivare ad una legge europea sulla tracciabilità dei minerali, in vigore dal 2021 ma ancora senza sanzioni previste per chi non la rispetta, chiedendo che al più presto si attuino delle modifiche alla legge che la rendano incisiva.
Micheline Mwendike, attivista congolese, è stata portavoce delle richieste dei giovani della società civile congolese perché tacciano le armi, si interrompa il loro commercio e ci si riconosca tutti persone, in grado di agire in modo nonviolento nella risoluzione del conflitto.
Due ore di conferenza stampa, sala attenta e partecipe, ci lasciamo con la speranza che si dia voce a questo popolo martire, che il Papa riesca a toccare i cuori dei potenti ed innescare percorsi di pace in un paese ricchissimo il cui reddito è, paradossalmente, di circa 2 dollari al giorno per persona.
Donata Frigerio